Se tu li guardi bene e li ascolti
Personale di Filippo Riniolo a cura di Valentina Muzi
dal 06/06/2018 al 06/07/2018
Spazio44 Via Simeto 44 Roma (RM)
Filippo Riniolo torna a parlare di temi sociali vivi e pulsanti attraverso un linguaggio che va oltre la realtà delle cose. Con una sensibilità e attenzione particolari, Filippo cattura la dimensione drammatica degli esclusi e la racchiude poeticamente in oggetti e immagini del nostro quotidiano, vestendoli di significati morali ed etici intensi. Il tema è quello del rapporto umano basato sull’ascolto e sullo sguardo interiore che, negli ultimi anni, sembrano aver perso la loro importanza. Un’esistenza, la nostra, anestetizzata dalla visione comune e disinteressata al prossimo, che alimenta il ritorno di vecchi fantasmi del passato come razzismo, emarginazione e abbandono. Queste non sono solo parole ma veri e propri atteggiamenti che inquinano una società moderna con una potenza terribile. Uno sguardo così aperto verso la tecno- logia eppure così chiuso nei rapporti, così apatico nel fare esperienza del mondo attorno a sé. L’accoglienza, l’ascolto sensibile, la comprensione e l’inclusione sono punti fondamentali per creare un legame, utile a noi per arricchirci e per evolverci, e a loro per sentirsi parte integrante di una comunità che li faccia sentire protetti, che li faccia sentire finalmente a casa. Filippo Riniolo, artista concettuale e relazionale, con le sue opere sembra riportarci con i piedi per terra attraversando le corde delle nostre emozioni affinché il messaggio arrivi diretto e possa non fuggire più, attivando riflessioni e reazioni incisive. Il pubblico si troverà a iniziare un percorso esperienziale attraversando una zona embrionale, una struttura che racchiude il mare avvolto da una dolcezza che ha il sapore amaro di chi perde ciò che ha di più caro. L’acqua che dà vita e rassicura il bambino in un confortevole abbraccio, qui è irrequieta. Le onde violente, condotte dal vento in una danza mortale, scuotono e ribaltano imbarcazioni e vite. Acque profonde che prendono, senza riserva alcuna, donne, uomini e bambini. Non si può spiegare la perdita di qualcuno, il dolore che si prova, l’assenza che annienta l’esistenza di chi resta. Una madre di fronte a tale sciagura non può far altro che “addolcire” la propria pena cantando una flebile ninna nanna che si dissolve nel vento. Una dolce nenia per tranquillizzare il mare, affinché culli il suo amato bambino che con violenza gli ha strappato dalle braccia. Una melodia che il mare preserva e rilascia in modo che tutti ascoltino. Persone che sopravvivono a questo dovrebbero essere ascoltate, considerate, incluse in una società che ha bisogno di loro, del loro coraggio e della loro forza d’animo. Farli esistere appieno senza ripetere la triste vicenda di Sodoma, la storia biblica ripresa dall’artista in chiave completamente contemporanea, che veste le pareti di Spazio44. Immagini di centri d’immigrazione dove i viaggiatori transitano per trovare la loro via d’uscita. Fotografie che senza bypassare la realtà, la immortalano in tutta la sua crudezza. Uno dei soggetti ha il volto coperto da una foglia d’oro. Quest’ultima rimanda alle icone bizantine, uno stile a cui l’artista è particolarmente legato e di cui si serve per poter creare un simbolo aulico, non solo per la rappresentazione ma per la tematica stessa. Con Sodoma riflettiamo sul ruolo dell’ “altro”, dello straniero che arriva e che tutti guardano con sospetto perché chiusi nel proprio io. Una società composta da soggetti incapaci di accogliere è destinata all’implosione, mentre le comunità aperte sono destinate a svilupparsi e a crescere con un bagaglio culturale e umano che altri non avranno.
Concluderei con le parole di Filippo della Porta nel saggio “Il bene e gli altri - Dante e l’etica del nuovo millennio”: “Agire bene significa non tanto obbedire a un comandamento, a un imperativo della coscienza, quanto dare vita a più realtà, ampliare il mondo intorno a sé che è vario, imprevedibile, inesauribile, misterioso. L’etica, come del resto la logica, non solo e non tanto fa parte del mondo, quanto in un certo senso lo crea.”
Valentina Muzi
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Filippo Riniolo
Filippo Riniolo nasce a Milano nel 1986. Vive e lavora a Roma, dove si è laureato nel 2011 all’Accademia di Belle Arti con una tesi sull’impatto della finanziarizzazione nel sistema dell’arte contemporanea. La sua ricerca spazia tra temi poetici, politici, sociali, storici e d’attualità. Tra i campi di interesse ci sono il rapporto fra corpo e potere, queer studies, gender studies e post-colonial studies. Fra i suoi strumenti di ricerca troviamo la fotografia, l’installazione, la performance, il suono e il video. Numerose le mostre personali, tra le quali “I Latitanti sono Loro” presso Casa Vuota 2017, “A jouful sense at work” per il Salone del mobile di Milano nel 2016, “Invisible hand” presso MauMau Gallery di Istanbul, conclusione di una residenza d’artista nel 2015, “La sua presenza” a Sponge Arteconteporanea (Pergola) curata da Fabrizio Pizzuto nel 2014, “LifeLong learning” al Museo CIAC di Genazzano, curata nel 2012 da Claudio Libero Pisano. Fra le mostre collettive: nel 2014 “Ginnastica della visione” alla Bienal del Fin del Mundo (Mar del Plata, Argentina), “BIO50 Hotel” alla 24° Biennale del Design (Ljubljana, Slovenia) e il festival “Seminaria sogni in terra” (Maranola); nel 2013 “Azione! seconda” a The Others Art Fair (Torino) e “Così vanno le cose” ad ArtVerona (Verona); nel 2012 “INTELLèGO” al Museo Bilotti (Roma), “Open#4” al SaleDock (Venezia) e Premio Roma Centro Storico (Roma).
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