Kyle Thompson

Sinking Ship  dal 20/11/2019 al 29/01/2020

aA29 Project Room Piazza Caiazzo 3 Milano (MI)


Kyle Thompson Seguiranno il 22 e il 24 novembre, alle ore 18.00, le inaugurazioni della medesima mostra rispettivamente nelle sedi di Reggio Emilia e Caserta.

“Abandoned homes often have a strong sense of disorder…”
La mostra personale Sinking Ship dell’artista americano Kyle Thompson (Chicago, 1992) si compone di fotografie e di autoritratti scattati in differenti “città fantasma” americane e canadesi, totalmente disabitate o con una popolazione minima che non raggiunge i cinque abitanti. Gli stati presi in considerazione e visitati dall’artista sono quelli dell’Oregon, di Washington, del North e South Dakota, del Wyoming e dello Saskatchewan; Elsworth è invece la città fonte d’ispirazione dell’intera serie.
L’artista fotografa le case abbandonate da una prospettiva sia interna che esterna, assieme al paesaggio spoglio e desolato che le circonda, costituito perlopiù da ampie distese verdeggianti e senza fine. Negli autoritratti, invece, è il corpo dell’artista che si adegua e si adatta agli spazi domestici, che li abita e che si avvolge in lenzuoli di plastica trasparente a imitare la forma indefinita di un fantasma. Talvolta esso rappresenta, visivamente, il prolungamento lineare degli oggetti ritrovati nelle stanze: è il caso di un vecchio televisore dietro al quale Thompson fa combaciare il proprio volto che viene poi proiettato sullo schermo in bianco e nero e in maniera deforme. L’artista fotografa con cura, minuziosamente, gli oggetti che vede nelle stanze: ai suoi occhi sono come dei reperti archeologici consumati e corrotti dal tempo e riscoperti solo dopo decine di anni. Calendari aperti e stracciati, lettere sbiadite, videocassette, suole di scarpe e fiori finti costituiscono solo una minuscola parte dell’elenco dei ritrovamenti.
In Toy Gun la sagoma vuota di una pistola giocattolo dimostra ancora più chiaramente, tramite assenza, l’effettiva e inquietante presenza dell’arma che si imprime nella mente dell’osservatore.
In Birds Nest, invece, Thompson immortala due rondini che sbattono le ali e si librano nell’aria all’interno di una stanza in cui avevano realizzato il loro nido: segno che l’apparente desolazione di quelle case abbandonate e dimenticate da dio non è mai assoluta e definitiva.
E poi è il caso di Coyote, che ritrae l’omonimo animale ucciso e riposto penzolante su di un cartello di “divieto di caccia”, come monito agli altri predatori: fotografia forte e cruenta, ma dall’evidente intento ironico.

Oltre alla serie di fotografie, saranno presenti in mostra anche delle lettere manoscritte, delle risposte a Thompson di persone che ancora vivono in queste “città fantasma” e che raccontano la loro esperienza personale.
La mostra si concluderà, infine, con un video-montaggio, trasmesso in loop, di riprese che l’artista ha ottenuto inserendo delle telecamere all’interno di alcune di queste case, per documentare i movimenti clandestini di animali e di persone. Dal video emerge che proprio queste presenze passeggere e transitorie, di animali che costruiscono i propri nidi o di ragazzi che imbrattano le pareti con graffiti, rappresentano un forte agente di trasformazione delle abitazioni stesse, che continuano a mutare e modificarsi, nonostante la desolazione e l’abbandono.

Sinking Ship è dunque una metafora del tracollo fisico di queste “città fantasma”, che è anche tracollo psicologico e morale degli abitanti che si sono trovati costretti ad andarsene. Attraverso questa serie di fotografie Thompson propone e rivela degli Stati Uniti d’America, e specialmente di quegli stati del Midwest quali North e South Dakota, una versione meno conosciuta ma profondamente autentica e radicata rispetto a quella che viene continuamente ostentata sui social media, in televisione o sui giornali. Non è più l’America libera e liberale, dove ogni desiderio inespresso può essere realizzato. Non è nemmeno quella delle metropoli iper-urbanizzate, dei colossal cinematografici, dei brands di fama internazionale come Amazon e Apple e delle grandi lobbies. Non è l’America delle possibilità, ma è anzi quella caratterizzata da chilometri di lunghe strade deserte che danno sul nulla, da distese di praterie e dalle tipiche “farms” di contadini e allevatori.
In questa America l’indagine socio-antropologica di Thompson si fa più interessante e acquisisce un senso. Il degrado affiora in superficie. Queste cittadine sono allo sfacelo, accartocciate su sé stesse, dimenticate da dio così come dai moderni strumenti come Google Maps, che talvolta fatica a geo-localizzarle.
Ragioni socio-economiche o calamità naturali quali tornado, alluvioni e incendi, hanno determinato il loro spopolamento progressivo.
Con le sue fotografie e autoritratti l’artista rappresenta, perciò, quei topoi identificati e conosciuti con il termine di “paesaggi di scarto”, che sono privi di qualsiasi valore sociale ed economico e nei quali i processi produttivi si sono esauriti. L’utilità di tali luoghi è quindi nulla: è come se non esistessero o come se fossero delle interruzioni improvvise sulla cartina geografica.
Gli Stati Uniti d’America sono dunque anche questo e il merito di Thompson è di farcene rendere conto.


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