Alma mater
mostra personale di Sante Egadi
dal 04/12/2022 al 04/12/2022
Casa delle Associazioni Via Marsala 10 Milano (MI)
TESTO CRITICO
«portare il divertimento a un piccolo numero di uomini d’ingegno»
Voltaire, a proposito delle finalità del suo Candido
Siamo dalle parti del Dropping a Han Dynasty Urn tanto per fare un
esempio semi recente, ma è solo un’indicazione di massima, in
realtà qui siamo ben oltre, per coraggio, coerenza artistica, senso
etico e complessità di pensiero.
Verrebbe quindi voglia di citare antesignani un po’ più degni come i
DADA e Duchamp, se non altro perché per quest’ultimi, come per
Sante Egadi, la dimensione dello sberleffo giocoso è connaturata
alla creazione artistica e il capovolgimento parodico è
un’operazione fortemente pianificata, controllata in tutte le sue
valenze comiche.
La provocazione in arte può servirsi della violenza per trasmettere il
suo messaggio, se lo fa corre però il rischio più grosso: quello di
trasmettere contenuti che restano rinchiusi nel gesto violento, che
non portano altrove, che non suggeriscono altro e che quindi non
creano prospettiva. Un buon discrimine per misurare la portata di
un'opera che utilizza tali modalità risiede, penso, nella qualità del
rapporto che questa riesce ad instaurare con il suo soggetto, col
pubblico e con la stessa figura dell’artista.
L’arte di Sante Egadi è violenta, perché non si può descrivere in
altro modo quello che fa: chiede ai propri committenti (sottoinsieme
del pubblico) i documenti ufficiali più rappresentativi della propria
esistenza e li fa a pezzi. E’ un lavoro arduo perché necessita in
prima istanza di un'identità di veduta tra artista e committente sulla
vita e sulla carta, sull’io e la forma documentale con la quale ci
manifestiamo agli altri.
Ma il gesto violento è solo la prima parte del processo artistico di
Sante Egadi; è nella rielaborazione / rifunzionalizzazione di quel
che sopravvive allo scempio della forbice (un vero e proprio heap of
broken images) che risiede la dimensione fortemente positiva della
sua arte. Perché in ultima analisi quello di Sante Egadi è un gesto
trasformativo di riappropriazione, è il tentativo di far coincidere,
almeno in arte, carta e vita. Tale processo non è però univocamente
determinato dall’artista ma si snoda attraverso un dialogo serrato
col committente, il quale deve necessariamente fornire la sua
visione di sé e della realtà. Insomma, avete presente “Ai Weiwei
come Aylan Kurdi“? Bene, siamo da tutt’altra parte.
Se a questo punto non siete già corsi a vedervi i canotti di Ai
Weiwei potreste obbiettare che non c’è molta differenza tra la
distruzione di un vaso di duemila anni fa e il diploma di laurea di un
committente: è materiale che non appartiene all’artista: con un po’
di pelo sullo stomaco chiunque può farlo. A questo proposito si
suggerisce di guardare i video disponibili in rete della prima
performance (datata 2012) in cui l’artista ha distrutto i suoi
documenti più importanti. Esattamente come per certi artisti che
hanno consumato la propria esistenza dipingendo sempre e solo lo
stesso soggetto per trarne via via significati sempre nuovi, l’attività
sui curricula di Egadi parte con la distruzione / rielaborazione della
propria identità cartacea e attraversa tutta la sua carriera in una
intensa ricerca formale che ha accompagnato la sua maturazione di
uomo e artista.
In altri termini Sante Egadi è un boia attento e caritatevole, al quale
affidarsi con la massima tranquillità. Questo perché ha già
sperimentato sulla propria pelle l’efficacia dell’ascia con la quale,
col vostro permesso e con le vostre indicazioni, smembrerà la
vostra esistenza cartacea per ricostruirla.
Davide Babbini