Capendo Adamo

Personale di Nicola Bertoglio  dal 05/02/2016 al 05/03/2016

Zoia Gallery Piazzale delle Cooperazione 1 Milano (MI)


Capendo Adamo Dal 5 febbraio al 5 marzo 2016, presso Zoia Gallery, in mostra una selezione delle opere di Nicola Bertoglio, iPhoneografo che espone per la prima volta il progetto di sequenze “Capendo Adamo”.
“Capendo Adamo” racconta di un tempo vissuto al gerundio, di un’opera in fieri, in continuo movimento e definizione, in aggiunta progressiva. Parla della continuità di un percorso di crescita, di interrogazione, di una domanda continuamente presente a cui si tenta di dare risposta interrogando l’altro. “Capendo Adamo” non si interroga solo sull’uomo, sul genere maschile in particolare, ma sull’uomo in senso lato, sull’Uomo universale, su quanto lo contraddistingue e lo definisce invariabile da millenni, nella sua essenza e nudità. Ed è anche una ricerca sull’uomo in quanto essere particolare, un percorso autobiografico di indagine e determinazione dell’Io.
Nicola Bertoglio va alla ricerca della sua identità, la indaga da vicino, la seziona, la frammenta, per poi ricomporla in modalità difforme e deforme, dandole sembianze che sembrano zoomorfe, o da conchiglia, da essere immaginario, quasi mitologico, che porta al posto delle gambe un braccio solo o in cui la testa è attaccata alla schiena, si fonde con la spalla. Le immagini ricomposte l’una accanto all’altra si riflettono in un rimando di specchi deformanti che restituiscono un’immagine dell’uomo straniante.
I corpi di Nicola Bertoglio sono corpi esplosi e ricomposti a caso da un demiurgo smarrito alla ricerca del giusto modo di ricomporre “Adamo”. L’immagine dell’uomo ne esce frantumata, dissolta, in perenne squilibrio psico-fisico, in un equilibrio apparente imposto quasi in modo forzoso, che si è scelto di dare ma che resta puramente estetico, sempre provvisorio, precario. L’equilibrio è creato a livello compositivo seguendo linee di forza, tracce lasciate sui bordi, giocando dadaisticamente con le forme per generare nuovi contenuti. Le immagini di Bertoglio sono enigmatiche, dai tratti non definiti, che lasciano aperta, mai risolta la domanda da cui sono nate. Sono frammenti di realtà, stralci ripresi e legittimati nel loro essere semplicemente delle “schegge” a cui viene riconosciuto, oltre al diritto di esistenza autonoma, la responsabilità della rappresentanza dell’essere Uomo.
Il progetto, iniziato nel 2014 e tuttora in evoluzione, viene proposto per la prima volta presso Zoia Gallery come un corpus di opere compiute. Un lavoro che caratterizza gli anni più floridi della ricerca di Bertoglio, che, dopo aver esplorato la strada del dittico, del trittico, del quadrittico, trova in queste scelte stilistiche la sua definitiva maturità, la cifra stilistica che lo contraddistingue, facendone il suo quid visivo per eccellenza. La moltiplicazione delle immagini per due o per tre è un procedimento che le gonfia di significato, le amplifica e conferisce loro una chiave di lettura junghiana nel momento in cui i singoli scatti sono vissuti come attimi del sogno, momento e movimento onirico in successione.
Le immagini appartengono a quella particolare categoria definita “iPhoneografia”, fotografia scattata esclusivamente tramite iPhone e lavorata successivamente con Instagram, l’applicazione nata originariamente per iPhone caratterizzata da luci fortemente contrastate e da un formato quadrato. Le immagini sono stampate su un supporto in alluminio Chromaluxe, che ripropone la particolare luminescenza dello schermo iPhone. La scelta dell’iPhone è una scelta contemporanea quasi obbligata: gli smartphone appartengono alla vita quotidiana come nostre “estensioni” corporee, citando il pensiero del sociologo Marshall McLuhan secondo cui la tecnologia modifica inevitabilmente e diventa parte integrante delle facoltà umane.
Per amplificare l’effetto tecnologico e mediatico dell’opera, durante l’inaugurazione le opere saranno accompagnate dalle musiche di Stefano Crocco, in arte Slam, che ripercorrono, come estensioni musicali, le immagini di Bertoglio. Sono tracce sonore, segni acustici lasciati dai soggetti fotografati durante le riprese e ricomposti e sommati secondo un metodo simile a quello di Bertoglio. Le musiche aumentano l'esperienza visiva aggiungendo una dimensione sonora alla percezione estetica, generando un caos multiforme in cui è difficile riconoscere la matrice originaria, un vociare fitto, un sottofondo pieno, che contrasta, per complessità, con la semplicità compositiva e la regolarità ritmica visiva delle opere esposte in mostra.
La mostra è visitabile fino al 5 marzo 2016. Sono disponibili un catalogo delle opere dell’artista e un testo critico di Mira Carboni.
Erika Lacava




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