Volterra: arte nei tempi

da Raffaello Consortini a Ennio Furiesi  dal 28/09/2024 al 27/10/2024

Casa Museo Consortini Borgo San Giusto n. 83 Volterra (PI)


Volterra: arte nei tempi Dal privato tormento psicologico impresso gentilmente in forme di rara perfezione ed epidermica vitalità, alla vita “altra” che ritorna nella stessa materia, trasfigurando la classicità della forma, dopo il vuoto della sua assenza.
È il sipario di una delle sue più grandi storie d’arte, ispirazione, rivoluzione e stile, quello della scultura e delle incessanti sperimentazione plastiche, da e oltre l’alabastro, che si ri-apre a Volterra raccordando il Novecento al contemporaneo, il centro storico ai “borghi”, il grande scultore del secolo e il geniale sperimentatore contemporaneo.
Inaugura sabato 28 settembre 2024 (ore 17), presso la Casa Museo Consortini, in Borgo San Giusto a Volterra (PI), la mostra “Volterra: arte nei tempi”. Nelle stesse stanze dove ha vissuto, scolpito e progettato, Raffaello Consortini (Volterra, 1908-2000), scultore di caratura nazionale, presente in Biennali d’arte e prestigiosi premi degli anni pre-bellici, insegnante a Palermo, un insolito incontro ravvicinato con le sculture di Ennio Furiesi “Pizzi”, classe 1937. Una continuità esperibile fra l’influsso inconscio fra artisti liberi e riconosciuti, al di là delle epoche, al ritmo di quella libertà espressiva che caratterizza Volterra nel suo spirito più profondo, quello di un riassunto unico di fatica e ispirazione, fra le polveri bianche delle “botteghe” di alabastro.
È il primo evento, dopo l’inaugurazione del 5 giugno 2024, del progetto congiunto della Parrocchia di San Giusto, proprietaria della Casa Museo, e Asl Toscana Nord, curato, in collaborazione con Monsignor Francesco Spinelli, parroco di San Giusto, dall’educatore professionale Roberto Ceppatelli (presentazione critica a cura di Elena Capone) e che prevede la gestione dello spazio museale da parte di alcuni ospiti della Rems-D (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) e delle strutture Kraepelin e Villa Aeoli. Un programma socialmente riabilitante che ha permesso una fruizione settimanale (3 giorni) per quelle stanze di storia e scultura, dove è presente, oltre ai capisaldi di tutti i periodi di “Raffaello”, una sezione archeologica dell’antichità etrusca.
E se il “Cristo morto” di Larderello di Consortini, trasfigurava in via del tutto originale la bellezza della sua classicità corporea nel peso sprofondante della morte, l’inedita “Pietà” di Ennio Furiesi, sembra riprendere quella stessa pesantezza portandone all’estreme conseguenze l’oggettivazione, mentre il dolore della madre, in vita, crea quell’interruzione di movimento che prelude alla perdita, terrena, del senso.
Laddove negli anni della Seconda guerra mondiale Consortini si rifugiò in un realismo non di maniera, prima ancora della tematica religiosa, fra superfici levigate e scabrosità inattese, quello che fu efficacemente definito “felice tradimento della forma”, nell’epoca attuale delle guerre “mediatiche” la ricerca di Ennio Furiesi riconsegna San Sabastiani e Cristi, mutilati e carbonizzati.
I sarcofaghi etruschi, così familiari ai volterrani, e presenti nella stessa collezione di Raffaello Consortini, sono restituiti nelle crete di Furiesi, come una sconcertante diade di sagome degna della spiritualità di El Greco, della solitudine di Giacometti, ma forse anche di quella sofferenza psichiatrica nel manicomio della città, come in continuità con il coraggio espressivo del protagonista minore dell’opera “L’Idiota” di Raffaello del 1933.
Più in generale i personaggi del quotidiano del maestro del Novecento hanno una identità sociale definita, ma scattano oltre il ritratto in immedesimazioni psicologiche di universalità, mentre quelli di Ennio Furiesi si pongono da subito come archetipi, anime tormentate dopo l’annientamento e la trasformazione della forma
Due figli della “città del macigno”, due ideatori della forma in epoche agli antipodi, fra terrecotte, gessi e pietra, legni e bronzi, indagano gli umori interni dell’opera, un potenziale dell’anima nel carattere finito ma persistente della materia.
In quel centro antichissimo, spirituale, atemporale e visionario, eppure eternizzato nello spazio-tempo da millenni, linguaggi ovviamente diversi sembrano animati dalla stessa tensione fra immanenza e trascendenza.
Apertura Casa Museo e mostra, in Borgo San Giusto n. 83: dal 28 settembre al 27 ottobre 2024, negli orari: martedì 10-12, giovedì 15-17, domenica 10-12 (ingresso libero).
Info: elena.capone@tiscali.it | cl 329 882691.



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