Mario Carbone. Posto fisso
Marina Abramović e Ulay a Bologna, 1977
dal 10/09/2012 al 10/10/2012
Roma (RM)
Nell’ambito del circuito di Fotografia Festival Internazionale di Roma, s.t. foto libreria galleria presenta, dal 10 settembre al 10 ottobre 2012, Mario Carbone/Posto Fisso. Marina Abramović e Ulay a Bologna, 1977: una mostra, curata da Paola Paleari e Paola Scremin, che rende congiuntamente omaggio al lavoro di un fotografo e regista italiano e a quello di un’artista fra le più significative della scena internazionale.
Classe 1924, fotografo di formazione e per passione, Mario Carbone, nel corso della sua carriera di autore di documentari per il cinema e la TV, non ha mai smesso di fotografare, riuscendo talvolta a eseguire, nell’ambito di un unico progetto, un duplice lavoro di documentazione foto-cinematografica.
E’ quanto accadde nel 1977, in occasione delle Settimana internazionale della Performance alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. Alla manifestazione, curata da Renato Barilli, parteciparono una cinquantina di artisti italiani ed europei, fra cui Vito Acconci, Franco Vaccari, Giuseppe Chiari, Fabrizio Plessi, Vincenzo Agnetti, Luca Patella, Luigi Ontani, Fabio Mauri, Vettor Pisani, Hermann Nitsch. Carbone seguì e documentò, fra gli altri, il lavoro concepito da Marina Abramović con Ulay, suo partner dell’epoca: Imponderabilia, una delle creazioni più note dell’artista serba, riproposta nel 2010 in occasione della sua retrospettiva al MOMA, e ri-messa in scena anche quest’anno, nello stand di una galleria newyorkese, durante la fiera Art Basel.
Abramović e Ulay, entrambi integralmente nudi, si posizionarono l’una di fronte all’altro in un varco ricreato nell’atrio del museo, in modo da delimitare e restringere il passaggio del pubblico con la propria presenza. Per varcare questa “porta umana” e superare l’ostacolo, i visitatori erano dunque chiamati a cambiare posizione, ruotando a loro volta il proprio corpo verso uno dei due performer. Il transito del pubblico veniva registrato da una telecamera a circuito chiuso e trasmesso su due schermi posizionati subito dopo il “posto di blocco”, con un ritardo di qualche minuto rispetto all’azione reale: ciò permetteva a coloro che avevano appena superato il varco di rivedersi, di osservare la propria reazione suscitata dal contatto con i due corpi nudi. L’azione venne a un certo punto interrotta dalla polizia, che arrestò e ritirò i passaporti agli artisti per atti osceni in luogo pubblico.
Imponderabilia è dunque un’opera che traccia e registra dal vivo i limiti e gli urti impercettibili della comunicazione, mettendo in questione non solo la tradizionale staticità, ma il territorio univoco, il posto fisso, dell’opera d’arte stessa.
In mostra vengono presentati il cortometraggio prodotto e diretto da Carbone e una selezione di immagini incentrate sulla performance della Abramović: dieci stampe in bianco nero eseguite in camera oscura dallo stesso regista-fotogafo, nonché una serie di foto a colori di piccolo formato, tratte dai frame del documentario. In occasione della mostra stessa, s.t. foto libreria galleria proporrà altri documentari sull’arte del Novecento di Mario Carbone e una più ampia panoramica della sua attività di fotografo: dai primi ritratti in studio a quelli dedicati agli artisti, passando per i numerosi scatti dedicati all’esplorazione della realtà sociale, non solo italiana.
Mario Carbone, nato San Sosti (Cosenza) nel 1924, apprende giovanissimo il mestiere di fotografo -dal ritocco alla stampa, dalle foto-tessera ai ritratti degli sposini, svolgendo un lungo apprendistato prima nella natia Calabria e poi a Milano, dove lavora anche nello studio di Elio Luxardo.
Nel 1955 arriva a Roma e inizia la sua attività in ambito cinematografico, come operatore e poi regista di documentari. Con una propria cinepresa, decide di filmare le manifestazioni politiche e sociali: un lavoro pressoché volontario, che durerà fino al’68 , quando si trova a documentare anche la rivolta degli studenti alla facoltà di architettura di Roma. Questi materiali sono ora conservati presso l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operario e Democratico. Contemporaneamente, Carbone si lega agli artisti che gravitano attorno a Piazza del Popolo: Aldo Torchiaro (allievo di Guttuso), Mimmo Rotella, Mario Schifano, Tano Festa e Franco Angeli, con il quale divide lo studio e a cui dedicherà poi il cortometraggio “Inquietudine”.
Nel 1959 vince il Nastro d’Argento per la migliore fotografia ne “I vecchi” di Raffaele Andreassi. L’anno successivo Carlo Levi gli chiede di accompagnarlo in un viaggio in Lucania per documentare fotograficamente i luoghi di confino dello scrittore di Cristo si è fermato a Eboli. Carbone scatta circa quattrocento fotografie, alcune delle quali confluiranno poi nel libro”Viaggio in Lucania con Levi”.
Nel 1963 Cesare Zavattini lo chiama a collaborare, in qualità di operatore e regista, ne “I Misteri di Roma”. Nel 1964 vince il Nastro d’Argento per la regia di un documentario sulla nobiltà calabrese dal titolo: “Stemmati di Calabria”. Sempre nel 1964 è in India. Realizza con Giuseppe Ferrara due filmati commissionati dall’Eni e fotografa scene di vita quotidiana nelle grandi città (Calcutta, Bombay, Madras, New Delhi) ma anche in villaggi sperduti. Alcune di queste foto, sono state riproposte nella mostra e nel volume “Paralleli. India-Italia anni sessanta” (Gangemi, 2006)
Nel 1966 è premiato al Festival di Tour per un’inchiesta sul lavoro contadino intitolata “Dove la terra è nera”. Conquista quindi il Leone d’argento alla Biennale di Venezia con “Firenze, novembre 1966″, testimonianza della drammatica alluvione, con i testi di Vasco Pratolini.
A metà degli anni settanta, insieme alla moglie Elisa Magri -che per un periodo ha diretto la galleria d’arte Ciak a Roma, decide di dedicarsi alla produzione di documentari sull’arte contemporanea. Mario Schifano, Tano Festa, Mimmo Paladino, Enrico Baj, Renzo Vespignani, Carla Accardi, sono alcuni dei protagonisti dei ritratti realizzati da Carbone. Parallelamente alle produzioni per il cinema e la TV, non smette mai di fotografare, riuscendo talvolta a eseguire, nell’ambito di un unico progetto, un duplice lavoro di documentazione foto-cinematografica. E’ quanto accadde nel 1977, in occasione delle Settimana internazionale della Performance alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, dove con entrambi i media segue, fra gli altri, gli interventi di Marina Abramović, Vincenzo Agnetti, Luca Patella, Hermann Nitsch, Luigi Ontani, Vettor Pisani.
Nel corso degli anni Novanta, con la decisione della RAI di non proseguire la serie di documentari “Astisti allo specchio”, e quando ormai l’elettronica ha definitivamente sostituito il cinema in ambito documentaristico, Carbone è costretto a chiudere la sua casa di produzione e a disfarsi dei vecchi macchinari. Anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le ricerche e gli eventi espositivi legati al lavoro di Mario Carbone, il suo straordinario archivio foto-cinematografico attende tutt’ora di essere adeguatamente valorizzato in maniera organica.