RITRATTO DI DONNA. IL SOGNO DEGLI ANNI VENTI E LO SGUARDO DI UBALDO OPPI

Grandi mostre in Basilica Palladiana  dal 06/12/2019 al 13/04/2020

Basilica Palladiana piazza dei Signori Vicenza (VI)


RITRATTO DI DONNA. IL SOGNO DEGLI ANNI VENTI E LO SGUARDO DI UBALDO OPPI Gli anni Venti sono elettrizzati da un senso di modernità e cambiamento. La corrente artistica internazionale più affascinante è quella del Realismo Magico, in cui la visione della realtà è immersa in un'atmosfera di meraviglia e di attesa, che in Italia è spesso declinata evocando anche memorie della classicità e del Rinascimento.
Da queste suggestioni nascono intensi ritratti di donne magnifiche, che si stagliano con potente personalità di protagoniste, amate e talora perfino temute, a volte ambigue, ma sempre esaltate nella loro seducente energia.
Ubaldo Oppi (Bologna 1889 - Vicenza 1942) è un protagonista assoluto di quegli anni, uno degli artisti più famosi tra l'Europa e gli Stati Uniti: le sue opere – anche dopo la vittoria del prestigioso Premio Carnegie a Pittsburgh, allora il più consistente al mondo per importo – vengono acquistate in collezioni favolose. Dalla Biennale di Venezia al Salon d'Automne di Parigi alla Mostra della Secessione nel Glaspalast di Monaco di Baviera, consegue i maggiori successi, è stimato dai più importanti critici ed è citato come riferimento notevolissimo in pubblicazioni famose.
Le Amazzoni, le Amiche, la moglie Dehly, la sorella sono solo alcune delle affascinanti immagini di donne che crea negli anni Venti, quando è conteso da curatori e intellettuali del calibro di Margherita Sarfatti e Ugo Ojetti. Assieme a lui si muovono nel panorama più avvincente dell'arte protagonisti, tra gli altri, quali Felice Casorati, Mario Sironi, Antonio Donghi, Cagnaccio di San Pietro, Achille Funi, Giuseppe Capogrossi.
Questa esaltante alleanza tra modernità e classicità è preceduta da una riflessione profonda sui rinnovamenti della pittura d'oltralpe tra fine Ottocento e primi del Novecento, in particolare da suggestioni della Secessione viennese, del Simbolismo e dell'Espressionismo, in cui le donne sono raffigurate come fanciulle, muse dormienti, ninfe leggiadre o seduttrici, come dentro un sogno di fiaba. Quelle raffigurazioni pervadono le ricerche artistiche di molti protagonisti dell'arte italiana e trovano riscontro in particolare a Venezia, dove gli esiti di tali influenze fioriscono nelle mostre di giovani artisti che si tengono a Ca' Pesaro. Là dove aveva esordito proprio Ubaldo Oppi tra 1910 e 1913, dopo avventurosi viaggi tra Vienna, la Germania, la Russia e un lungo soggiorno a Parigi. Nella Ville Lumière dove imperano divertimenti e dissolutezza, che è anche il laboratorio dell'avanguardia in cui si mescolano intelligenza e disperazione, conosce Modigliani allo sbando, ha un flirt con la modella Fernande Olivier, che lascia Picasso per fuggire con lui, viene rapito dai colori intensi e dalle pennellate fauves di Kees van Dongen, dai segni sinuosi di Matisse. E in quelle stesse esposizioni spiccano i nomi di Vittorio Zecchin, Arturo Martini, Gino Rossi, Guido Cadorin, Ugo Valeri e Mario Cavaglieri, molti dei quali profondamenti influenzati dall'impatto di Gustav Klimt, che ha anche una sala personale alla Biennale di Venezia del 1910.
Se durante la guerra, quando gli artisti italiani si confrontano con la fine di un mondo e Oppi è arruolato come alpino, ferito e deportato nel campo di prigionia a Mauthausen, le donne rappresentano il mondo degli affetti familiari, il primo dopoguerra ha sete di vita: l'immagine di una donna nuova ha una diversa silhouette ma anche ambizioni moderne, in quell'Italia che ancora fatica ad affacciarsi alla modernità, in cui avanza comunque un certo ruggente progresso.
Abiti bellissimi, gioielli, sogni di esotismo, desideri di viaggi e amori pervadono l'arte di quegli anni in cui, come scrive la prima critica d'arte donna, la potente Margherita Sarfatti, "la pittura appare tra tutte l'arte magica per eccellenza" e lo scrittore Massimo Bontempelli, come evocasse le ragazze di oggi intente a interagire col loro telefonino, racconta i «primi piani delle donne distratte nei caffè».



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