Quattro artisti extravaganti
Mario Tosto, Arianna Bonamore, Fabrizio Bertuccioli e Vito Bongiorno
dal 21/11/2010 al 05/12/2010
Fregene (RM)
Comunicato stampa
“ Quattro artisti extravaganti”
Arianna Bonamore, Mario Tosto, Fabrizio Bertuccioli e Vito Bongiorno
dal 21 novembre al 5 dicembre 2010
ore 18.30
Paradiso Gallery Contemporary Art
21 novembre 2010 Viale Castellammare, 35
Fregene – Fiumicino (RM)
di Costanzo Costantini
Il nuovo centro espositivo di Viale Castellamare a Fregene, per vedere i quadri di
quattro pittori extravaganti, nel panorama dell’arte contemporanea, l’uno più interessante degli altri.
Superfluo ricordare per l’occasione che i caffè sono stati storicamente al centro della vita culturale,
specialmente letteraria e artistica, delle città, piccole e grandi, dei vari paesi. Per fare qualche nome
Jean Paul Sartre e Joseph Roth hanno scritto i loro libri nei caffè, come molti artisti son diventati
celebri esponendo nei caffè le loro opere.
MARIO TOSTO
Nato nel 1942, incomincia a dipingere a 16 anni, ma ben presto,
favorito dalla multimedialità invadente, prende a vagare al di fuori della pittura, sia pure in territori
limitrofi, quali la decorazione, il marketing, la pubblicità, pur senza trascurare l’obiettivo di
acquisire un proprio stile e una propria tecnica, coltivando essenzialmente il linguaggio del viso.
Dice Michel Tournier, l’autore delle Meteore:”Si ama qualcuno di vero amore quando il suo viso ti
ispira più desiderio di qualsiasi altra parte del suo corpo”. Dipinti da lui, i visi si trasformano,
acquistando un’esistenza propria dell’arte, fra l’iconografia punk e il meta-umano, una variazione
del post-human, come il suo Dante. Tosto dirige a Roma, in Via del Pellegrino I8, presso Campo
dei Fiori, la Galleria Minima, una galleria piccola ma più prestigiosa. delle gallerie in cui
espongono gli artisti minimalisti.
ARIANNA BONAMORE
Nata a Roma non molti anni fa, coltiva, per così dire, il linguaggio dei capelli.
“Capelli che urlano, capelli che cantano, capelli che sognano, chiome aggressive, chiome
calamitanti”, come scrive Antonello Colli. Un linguaggio antico quello dei capelli, che occupa un
posto importante nella storia della civiltà, in particolare nella storia dell’arte e dell’estetica, nonché
nella storia dei colori. Se non vogliamo risalire più indietro nel tempo, possiamo rifarci a Saffo,
“Saffo la bella dai capelli color del giacinto”. Dalla poetessa greca, con un salto vertiginoso,
possiamo evocare Tiziano, il pittore che ha dato a un tipo di chioma il proprio nome. Ma nella vasta
gamma delle cromie ( chiome viola, azzurre, turchine, blu. gialle, dorate, argentee, oltre che bionde,
bianche e nere) il rosso domina incontrastato. Le ragazze dalle chiome rosse erano l’ideale dei
preraffaelliti, degli impressionisti.e di molti altri artisti. La ragazza irlandese alla quale Courbet si
era ispirato per dipingere L’origine del mondo aveva non solo i capelli rossi ma anche i peli del suo
immenso pube. Guttuso ne teneva una riproduzione nel suo studio a Palazzo del Grillo.
FABRIZIO BERTUCCIOLI
Nato a Roma nel 1941, sin da giovanissimo si orienta verso l’arte d’avanguardia, per
sperimentare successivamente altri linguaggi, come quello musicale quello teatrale, collaborando
con Giancarlo Nanni nelle ricerche sinestetiche del suono, curando le parti musicali degli spettacoli
di Memè Perlini ed entrando nel gruppo di Musica Elettronica Viva. E’ un artista clandestino, uno
dei “clandestini alla luce del sole”, una formula che contiene un contraddizione violenta, ma
risolvibile sostituendo il secondo termine della dicotomia conflittuale essere-apparire con il fare,
lasciando sopravvivere soltanto l’essere, sia pure in stato agonico se non cadaverico. Extravagante
in senso assoluto, tutt’a un tratto Fabrizio abbandona la pittura, la musica e il teatro e si ritira in
campagna ad occuparsi di biologia vegetale e di botanica. Ma la pittura è un destino, come diceva
Matisse. E quando il destino gli chiede come ha usato il talento di cui lo aveva dotato, riprende a
dipingere, regalandoci monocromi splendidi, luminosi manti di colore.
VITO BONGIORNO
Nato nel 1963 ad Alcamo, il bel paese fra Trapani e Palermo, Vito Bongiorno viene
condotto ancora bambino dalla famiglia a Roma, dove frequenta il Liceo Artistico Statale, nel quale
ha la fortuna di avere anche come maestro Mino Delle Site, l’aeropittore futurista ammirato da
Trampolini e dallo stesso fondatore del movimento, Filippo Tommaso Martinetti. Da Delle Site
apprende la leggerezza, quella leggerezza che Nietzsche considerava un dono divino, la leggerezza
del segno. “Pensieri che incedono con passi di colomba guidano il mondo”, si legge in Ecce Homo.
Da qui la poetica delle impronte, che richiama alla memoria di Toti Scialoia. Ma anche lui
abbandona la pittura per tentare altre esperienze, finchè non vi torna per farne la sua passione
esclusiva. Egli è noto ormai come il pittore delle antropometrie, per cui è stato definito l’Yves Klein
italiano. A differenza del maestro francese, egli realizza però le sue performances in pubblico, sotto
gli occhi degli spettatori, i quali partecipano emotivamente all’evento. Dispiega inoltre il suo talento
in altri campi, dalla salvaguardia dell’ambiente, alla protezione dell’infanzia, con opere di grande
forza ironica, come il Sinite parvulos venire ad me.