Segno e memoria
        Arte contemporanea 
        dal 27/06/2008 al 12/07/2008
   
  Roma (RM)
 
      
      
       Galleria Lombardi
Via Urbana, 8/A Roma
info: 064744143
mail:  galleria_lombardi@libero.it
27 giugno - 12 luglio
orario 10.30 - 13.00 / 16.30 - 19.30
chiuso sabato pomeriggio, domenica tutto il giorno e lunedì mattina
ingresso libero
catalogo mostra in sede
Testi di Costanzo Costantini 
VITO BONGIORNO 
Segno e memoria 
di Costanzo Costantini  
                        Non saprei dire se per istinto, gusto innato, vocazione, sapienza acquisita con gli  
studi e con l’esperienza, ma Vito Bongiorno è un pittore dalla mano leggera e dalla memoria vigile,  
dal segno rapido e sicuro e dalla fantasia mobile, dalla forma cangiante e dalla immaginazione  
cromatica leggiadra. Egli possiede quella leggerezza che Nietzsche considerava un dono divino:  
“Pensieri che incedono con passi di colomba guidano il mondo”. Guardando le sue opere mi viene  
in mente Toti  Scialoja, il pittore delle impronte, il poeta e scenografo  che ha avviato all’arte intere  
generazioni di giovani, spiegando loro con l’esempio le ragioni profonde, spirituali e tecniche, del  
fare pittura. Non ne è stato allievo, ma poteva esserlo stato, più e oltre che dell’aereopittore Mino  
delle Site. Scriveva Toti Scialoja di sé: ”Sono stato felice ogni volta che il gesto ha preceduto il  
pensiero, la parola ha preceduto il sentimento, l’abbraccio è venuto prima dell’amore. Sono intero  
solo quando è la vita a condurmi”. E Fabrizio  D’Amico di lui:” Una lama sottile, un punto instabile  
di equilibrio, impossibile da tener fermo nel tempo, era l’impronta”. E impronte mi sembrano  
quelle che figurano al centro delle opere di Vito Bongiorno, entro quadri e riquadri multicolori che  
rivelano a un tempo senso del colore, virtuosismo della linea e padronanza della superficie pittorica.  
Punto,.linea .superficie erano le regole della ricerca compositiva di Kandiskij. 
                        Dice Vito Bongiorno: “Non c’è un passato o un futuro nel mondo dell’arte, non  
condivido perciò chi definisce Bello un quadro, il bello in pittura non esiste!  L’opera è una ricerca,  
un esperimento ed è nel momento in cui la si osserva che acquista un significato profondo  
traducendo le emozioni, le fantasie e le memorie di chi è spettatore, proprio per questo si trasforma  
in arte”. 
                        Egli mostra di  considerare un quadro una sorta di “opera aperta”, alla quale  
collabora anche lo spettatore, anzi che acquista un’esistenza solo quando traduce le emozioni, le  
fantasie e le memorie di colui che la osserva.: un’idea eminentemente moderna,  che nega che  
l’opera d’arte abbia un’esistenza oggettiva, autonoma, indipendente non solo rispetto allo spettatore  
ma perfino rispetto all’autore, come sostengono insigni storici dell’arte. 
                        Nello stesso tempo mostra di aver conoscenza delle tendenze dell’arte moderna  
rispetto al Bello  e alla Bellezza. “ Il desiderio di distruggere il Bello è la forza motrice dell’arte  
moderna”, proclamava nel ’48 Barnett Newman, uno degli artisti della sua scuola di New York. Lo  
si voleva distruggere, il Bello,  al fine di rinnovare radicalmente l’arte, di spazzar via la concezione  
winckelmanniana della Bellezza  quale sintesi di armonia, giusta proporzione delle parti, ordine, in  
poche parole sintesi della  divina proporzione di Luca Pacioli ( Il Wilckelmann distingueva la  
Bellezza, fine specifico dell’arte, dal Bello, che riguarderebbe ogni altro aspetto della realtà). Il  
desiderio di distruggere il Bello risaliva al Seicento, trovava una delle sue espressioni teoriche  
nell’Estetica del Brutto di Karl Rosenkratz e culminava nella tabula rasa operata da Malevic,  
Duchamp, Marinetti, Picasso e compagni. 
                        Senonchè la Bellezza è un evento misterioso, che rinasce dalle proprie ceneri, come  
la mitica Fenice.                        
                        “ Che cosa sia la Bellezza io non so”, diceva Durer. 
                        “La Bellezza è un enigma”, diceva Dostoevskij. 
                        “Il Bello è semplicemente l’inizio del terribile che molti di noi appena sopportano”,  
diceva Rilke. 
                        Nel suo saggio Medusa. L’orrido e il sublime nell’arte, Jean Clair ha riproposto  
l’idea che esista un legame fra la Bellezza  e l’Orrore. Egli fa risalire l’idea della Bellezza come  
Orrore al  mito di Medusa, che già nella Teogonia di Esiodo incarnava la Bellezza  e l’Orrore e  
come tale è stata rappresentata dagli artisti di ogni epoca, sino ai nostri giorni. 
                        Questo lungo discorso per dire che le opere di Vito Bongiorno, piaccia o non  
piaccia al loro autore, sono belle.  
                        Oltre Toti Scialoja, egli mi fa venire in mente anche Yves Klein, il pittore francese  
che ricopriva di blu i corpi di giovani donne e ne imprimeva le impronte sulla tela.