UN UNIVERSO DISSIDENTE E CANGIANTE

Opening  dal 02/10/2025 al 21/11/2025

Galleria Ipercubo + Orma Via dei Bossi 2A Milano (MI)


UN UNIVERSO DISSIDENTE E CANGIANTE i rapporti più armoniosi e i rapporti più dissonanti, tu povero
che corri armoniosamente tu intelligente che corri com
la dissidenza, voglia io unirvi
in un universo sì cangiante sì terribilmente dissidente
che solo la Gloria di Dio noi crediamo porti gloria
sa riunire.
E se veracemente con tutta la fiaccola di dio oh ordine
che cadde consumato, si rinnovò e non fu per sempre e fu solo
una balugine, io perdo! io non resto! riposato sulle erbe
tranquille dei né paradisi né terra né inferno né normale
convivenza con te ho cercato l’immenso e la totale
disarmonia perfetta, ma basse corde risuonano anche se tu non
le premi anche se tu non sistemi le valanghe i gridi e
le piccole sgragnatiture in quell’único
sicuro scialle.
Amelia Rosselli

Un universo cangiante e dissidente è la prima mostra realizzata in collaborazione dalle gallerie Orma e Ipercubo, simbolo di un dialogo tra due realtà che contribuiscono alla scena contemporanea con artisti emergenti e affermati provenienti da tutto il mondo. L’esposizione collettiva segna l’apertura del nuovo spazio in Via dei Bossi 2/A, a Milano, e si propone come un osservatorio plurale, capace di risuonare con l’attuale condizione interconnessa in cui viviamo. Nel cuore della città, pitture provenienti da Cina, Stati Uniti e Brasile si incontrano nello stesso luogo, generando un campo di tensioni e possibilità che riflette le contraddizioni e le trasformazioni del nostro tempo. In questo contesto risuonano le parole di Édouard Glissant: «la diversità non è più un ostacolo, ma la condizione stessa della relazione».
Il titolo della mostra, ispirato alla poesia di Amelia Rosselli, richiama la sua capacità di intrecciare lingue, simboli e radici in un organismo vivo, dove la lingua stessa si fa metafora delle differenze culturali e delle loro fratture. Le opere presentate per la prima volta in Italia si pongono come filo conduttore di una narrazione della decentralizzazione. È in questo orizzonte che si collocano i lavori di José Victor De Castro Negreiros, Austin Hayman, Daniel Lannes, Luciano Maia, Zhang Qi e Zhao Wenliang: voci molteplici che, per riprendere le parole di Rosselli, risuonano come «basse corde» capaci di vibrare anche quando nessuno le tocca. Il fulcro non è solo l’opera, ma il dialogo che essa instaura: un deviare e un divenire, un attraversamento di lingue, simboli e immaginari che costruiscono un paesaggio nato dalle relazioni, in cui ogni visione è già impregnazione di un altro sguardo.
Questo orizzonte trova un’eco storica nella Biennale di Venezia, inaugurata nel 1895 come “incontro fra i popoli attraverso l’arte” e trasformata nel 1907, con l’apertura del primo padiglione nazionale, in un vero e proprio mosaico di voci e prospettive. Come nei versi di Rosselli, anche nei Giardini della Biennale la pluralità non è riducibile a un’unica misura, ma si manifesta come campo di tensioni e possibilità, dove l’arte diventa spazio di resistenza. Tale dialogo risuona anche nel presente: nel 2025, anno della 36ª Bienal de São Paulo, il progetto curatoriale Not All Travellers Walk Roads – Of Humanity as Practice ha tratto ispirazione dai modelli migratori degli uccelli, concentrandosi sull’idea di umanità come pratica di spostamento costante, incontro e negoziazione. Una prospettiva che ribadisce come l’arte non solo rifletta i movimenti della storia e delle culture, ma li trasformi in forme di relazione, rendendo visibile la condizione di un mondo in perenne attraversamento. La metafora dei viaggiatori porta con sé un pensiero collettivo di ripensamento dell’umanità e dei sistemi di conoscenza e divisione che abbiamo costruito nel tempo. Essa trova nell’arte il luogo privilegiato per tornare a interrogarci su che cosa significhi essere umani.
La mostra invita il pubblico a riconoscersi nello sguardo dell’altro. Più che contemplare immagini, si tratta di vivere uno spostamento: percepire se stessi a partire da prospettive esterne, lasciarsi interrogare dal riflesso altrui. Questa proposta ci conduce a domandarci che cosa vediamo realmente quando guardiamo noi stessi e quando guardiamo gli altri, affrontando le barriere e le frontiere — visibili o invisibili — che plasmano le nostre società.



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