approfondimento di Raffaele Caiazza
Il
pensiero buddista sorse verso la fine del VI secolo a.C.
Non costituì, all'origine, un complesso organico di particolari verità rivelate,
e quindi di dogmi, né si presentò come una religione particolare
contrapposta alle altre. Secondo il suo insegnamento, la verità è universale
e a-temporale, al di sopra dei singoli insegnamenti. La legge buddista è l'ordine
delle cose. Le cose stesse sono dei dharma, giacché "fissati" secondo
questa legge.
Il punto di partenza della riflessione Buddista è la
constatazione della presa del dolore nel mondo: la vita è dolore.
L'esistenza della sofferenza può essere considerata come la diagnosi
del male. Essa è la prima, delle quattro sante verità, in cui si
riassume la dottrina buddistica. Seguono l'origine del dolore, l'eliminazione
del dolore e il cammino che conduce all'eliminazione del dolore.
Quest'ultima è a sua volta divisa in otto tappe "perfette". L'esistenza
del mondo è spiegata come una relazione di cause ("coproduzione condizionata"),
non esiste quindi una divinità creatrice.
All'origine della sofferenza
vi sono le passioni e il desiderio.
Per raggiungere il Nirvana è quindi
necessario rendersi conto di tutto ciò ed eliminare ogni legame causale.
Lo Zen rappresenta un ramo del buddismo, esso nacque in Cina nel 520, per merito del monaco indiano Bodhidharma. Noto al pubblico occidentale, soprattutto grazie alla pubblicazione in lingua inglese dei Saggi sul buddismo Zen dello studioso giapponese Deisetz Suzuki, alla fine della seconda guerra mondiale, lo Zen suscitò in Europa e negli Stati Uniti l'interesse d'artisti, filosofi e psicologi, affascinati dalla suggestività della sua pittura e della sua scultura, e dalla profondità di un pensiero in cui venivano individuate presunte connessioni con alcune correnti della filosofia contemporanea (Schopenhauer).
La dottrina della filosofia Zen consiste nella constatazione, che le cose di cui l'uomo fa esperienza, non possono essere classificate per mezzo di dati empirici forniti dalla percezione, poiché sono dotate di una realtà propria, più profonda e universale. Il mondo deve, dunque, essere colto nella sua essenza, in uno stato di "non mente" che lasci scorrere i pensieri senza conservarne traccia. A differenza delle altre scuole buddiste, lo Zen sostiene che questo stato, irraggiungibile attraverso le pratiche rituali e devozionali, è il frutto di una riflessione diretta e immediata, che sottrae alle parole e alle azioni qualsiasi significato simbolico e rappresentativo, impedendo che nella mente si generi una qualsiasi forma di pensiero autonomo. Il pensiero Zen intende liberare la mente dai pericoli insiti in ogni processo d'elaborazione concettuale, limitandosi a cogliere con distacco le forme della realtà esterna.
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